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[cinema] Regression, la recensione

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Alejandro Amenabar scrive e dirige un film particolare.
Ethan Hawke e Emma Watson gli interpreti principali.
Con un terzo incomodo: la follia.
Diciamo la verità: il film è pure bello ma rischia di essere apprezzato solamente se si supera indenni la prima parte, che è fin troppo di preparazione, quasi inconcludente.
Ovviamente lo è volutamente, ma disorienta abbastanza.

Eppure, quando poi i nodi vengono al pettine non rimane che una dura realtà: la miseria umana, in ogni sua forma.
Un detective di polizia (un ispirato Hawke) è sulle tracce di una setta satanica, uno dei membri della setta ammette di aver molestato sua figlia (l'ex maghetta Emma Watson) ma non ricorda alcun dettaglio.
Bisognerà sperimentare col sistema della regressione, per ricostruire i drammi di una famiglia di disadattati.

Amenabar gioca un po' a fare True Detective, proponendoci una storia di strani gruppi religiosi operanti durante gli anni '90 in una America rurale.
Anche le atmosfere livide con luce plumbea richiamano la prima stagione del celebre serial.
Ma poi si discosta, per fortuna, da tutto questo.
E riesce a regalare, giusto un minuto prima che lo spettatore ceda al sonno, ottimi spunti che -pur trattandosi di questioni sataniche- rimettono in mezzo l'uomo, con le sue bassezze e le sue fragili manie.

Un film che fa ragionare, ma che non arriva con tutta la forza che servirebbe.
In ogni caso, una buona pellicola.

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