L’omologazione.
Vuoi o non voi, è un tema controverso e complesso.
O forse no.
Tutte le persone vivono in una società. Anche gli hikikomori e gli autistici che non sono affetti da autismo.
Fanno parte di un insieme, e prima ancora, vuoi o non vuoi, di un nucleo preciso.
E poi, muovendo continui passi nella vita, faranno parte di altri insiemi e sottoinsiemi, tra i più disparati, dettati da gusti, razza, credo, ma anche da passioni, hobby, modi di vivere.
Io ad esempio sono parte del gruppo degli amanti della pizza Diavola.
Ma anche dei Sofficini e della Nutella.
Ecco. Prodotti commerciali. Martellanti spot ripetuti all’infinito, slogan di facile acchiappo. Tu non hai fame?
Sì, ho sempre fame. Che mondo sarebbe senza la crema al cioccolato? Un mondo fatto di una sostanza simile alla crema di cioccolato. Che produci a tonnellate, ad esempio, mangi la crema al cioccolato bevendoci insieme la Coca-Cola.
Appunto, la Coca-Cola.
Vuoi o non vuoi, noi siamo portati mentalmente verso dei grandi indirizzi. Il potere della pubblicità è incredibile. E’ la globalizzazione. Vuoi o non vuoi, nei gusti siamo bene o male tutti omologati.
Nasciamo per esserlo.
Condannati ad essere emo, truzzi, urban, rapper, skater, mods, punk, skinhead, redskin, rockabilly, paninari, zecche.
Viviamo in gabbia. Una cattività vissuta in recinti sempre più larghi, dove a volte hai l’illusione di essere libero ma solo perché non riesci a vedere le sbarre. Che sono solo un po’ più in là.
Nasci e devi andare a scuola. Un altro insieme. Se non studi a sufficienza (spesso dettata, o vuoi o non vuoi, dal gusto e dalla passione dei professori: un altro insieme) non puoi - giustamente, forse - andare avanti.
Ogni giorno, per nove mesi.
Nove mesi, e sei genitore. Formi una famiglia, apri un mutuo e cerchi di campare al meglio. Lavorando. Magari facendo un lavoro che non ami, magari cercando un lavoro che non c’è.
Siamo omologati anche nella crisi, oggi. Anche nelle difficoltà di trovare, vuoi o non vuoi, un impiego.
E poi c’è la moda.
Chi la decide?
Certe scarpe uscivano in regalo nei fustoni di detersivo in polvere. Che, tra l’altro, erano anche l’omaggio più scarso: tutti preferivano la macchina fotografica usa e getta, o il marsupio da parcheggiatore abusivo.
Poi, di colpo, olé. Tornano ai piedi di qualche teen-star, tornano ad essere indossate da qualche marchettaro in televisione. Tornando di moda.
E, vuoi o non vuoi, una larghissima fetta della popolazione le comprerà. Fregandosene se adesso costano il triplo di quanto costavano mentre erano gettate nei cestoni del discount; fregandosene se acquistandole non ti regalano manco un fustone di Dash come allegato.
Era solo un esempio. Un esempio per dire che tutti, vuoi o non vuoi, veniamo spinti all’omologazione.
E gli “alternativi”?
Coloro che non pappano Sofficini e Nutella, non bevono Coca-Cola, non comprano Converse perché prodotti da multinazionali sfrutta-terzomondo e anti-sindacaliste? Si raggrupperanno in movimenti pseudo anarcoidi, pseudo comunistoidio pseudo destrorsi, organizzano cineforum con la Corazzata Potëmkin o l’ascolto di gruppi hardcore dai valori estremi o corsi di floricultura new age, e si omologano così. Omologati per non essere omologati, nell’equo e solidale, nella cinghiamattanza del loro altrenativismo.
Una crema al cioccolato pazzesca!
Perché comunque, vuoi o non vuoi, non puoi sfuggire all’omologazione.
Siamo tutti, vuoi o non vuoi, animali sociali.
E se ognuno di noi fosse l’ultimo uomo sul pianeta, si omologherebbe da solo.
La vita è così: mai sazia delle nostre energie, ci canalizza tutti in strade larghissime o apparentemente strette, ma sempre uguali.
Vuoi o non vuoi.