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[TELEVISIONE] 70° Festival della Canzone Italiana - la recensione

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Ha ragione la Clerici: il settantesimo Festival di Sanremo segna un giro di boa.
È l'anno zero di nome e di fatto. Qui si è raccolto quanto di buono c'è stato negli ultimissimi anni, e quanto di buono c'è stato in settanta edizioni.
E da qui si ripartirà.
Sanremo è Sanremo, ma si è evoluto in una versione al passo coi tempi, e non forzatamente.

Iniziamo dal padrone di casa, Amadeus.
Rischiava di sembrare persino non all'altezza, e invece ha condotto ore e ore di diretta con un personalissimo stile, famigliare e allegro, assolutamente non ingessato, che è entrato nelle case di tutti.
Sanremo 2020 è l'equilibrio perfetto.
Tra big old fashioned, big non per forza mainstream e nuovi esponenti del panorama musicale italiano.


Sanremo 2020 fotografa davvero la canzone italiana, senza pretesa di farlo a 360° ma riuscendoci almeno a 180°, lì dove in passato il Festival lo faceva in misura molto minore.
O peggio, abbandonandosi a modaiole assurdità (si veda l'ondata talent di qualche anno fa, con kermesse trasformata in una mega puntata di Amici).
Non che non ci siano più i cantanti usciti dai talent (ormai imprescindibile realtà), ma c'è una giusta misura al tutto.



Questo Sanremo colpisce anche musicalmente. Se è vero che non c'è -probabilmente- nessun capolavoro assoluto, è anche vero che tutte o quasi le canzoni si faranno ricordare.
In passato, restavano a galla solo davvero quei 4-5 brani e il resto era destinato a un oblio che spesso si apriva anche ai vincitori stessi.
Stavolta no. Le canzoni di Sanremo 2020 le ricorderemo quasi tutte. Tranne, paradossalmente, quelle più classiche e melense.
Vedrete.



Amadeus ottimo comandante, si diceva.
Fiorello prezioso supporto: i due funzionano benissimo in coppia.
Benigni cattura-folla anche se eccessivo (specie di durata).
Ferro graditissimo ospite fisso.
Tra le co-conduttrici, segnalo la già citata Antonella Clerici che sa il fatto suo, e la magistrale Sabrina Salerno. Per lei è ancora il 1987: ci fa ancora sognare, specie con Boys Boys Boys.
Non male la Leotta.



La co-conduttrice Alketa si spreca in mille parole d'amore per l'Italia, facendoci capire che per gli albanesi il nostro Paese è come l'America per noi.
In una visione un po' troppo romanzata, comunque.
Ma il Festival è anche questo: va avanti negli anni, però ha sempre l'aria di appuntamento serio e di gran classe, abbottonato e ammiccante il giusto. Vintage.

Tra i super ospiti, Zucchero detta legge tra pezzi vecchi e nuovissimi; la Nannini onirica, Mika trascinante.
Al Bano e Romina, i Ricchi e Poveri in playback, Biagio Antonacci, Tony Renis, Bobby Solo e gli altri: tutto concorre a creare un ottimo show, talvolta troppo lungo.
Ma ci sta, fa parte del gioco. Peccato per l'aver portato all'eccesso proprio il momento finale: si è rischiato di rovinare tutto alla fine, con momenti anche toccanti ma che non hanno trovato la giusta collocazione, indispettendo lo spettatore a ridosso delle 2 di notte.



I partecipanti.
Brutto il teatrino di Morgan (e Bugo, incolpevole); ancora da comprendere a fondo il progetto en travesti di Achille Lauro, ottimo showman ma che non scandalizza (e non credete al fatto che se non piace, allora si è scandalizzati, omofobi e etero tossici). Artista interessante. Io lo considero un bambino all'inferno.


Degne di nota Elodie,  l'elegantissima Tosca (con miglior cover, Piazza Grande, assieme al Cuore Matto di Pelù) e Irene Grandi con un pezzo di Vasco.
Le Vibrazioni, Gabbani e Gualazzi sempre una garanzia. Scatenata la Pavone, trascinante Levante.
L'indie è rappresentato dai Pinguini Tattici Nucleari, il rock da Piero Pelù.


Diodato vincitore assoluto (meritato? Parliamone).
Riky, Jannacci, Masini, Zarrillo, Angi, Urso e Nigiotti più classici con qualche rischio di insipidità.
Fronte rap/trap rappresentato dal bravo Rancore e dal bravo Anastasio, con l'odiatissimo Junior Cally che però porta il brano più funzionale del lotto.
Elettra Lamborghini elemento alieno, probabilmente trash, ma si farà ballare (e molto).

In conclusione: un Festival emozionante, tra classico e giovanile.
Divertente e trasversale, tra ospiti e cantanti in gara ha riassunto davvero settanta anni di storia.
E da qui si riparte.

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