(articolo a cura di //////vainsandro)
«Sistema telepatico, mi sono arrivate che vi paiono strane, ma sono vere. Sono un astronautico ingegnere minerario nel sistema mentale. Questa è la mia chiave mineraria. Sono anche un colonnello dell’astronautica mineraria astrale e terrestre […] il vetro, le lamiere, i metalli, il legno, le ossa dell’essere umano e animale, e l’occhio e lo spirito si controllano attraverso il riflessivo fascio magnetico catotico.»
Siamo a Volterra, in Toscana.
Quella appena citata è una tra le tante incisioni che si trovano tutt’oggi sulla facciata esterna dell’ospedale psichiatrico della città, o almeno tra quelle che hanno resistito alle intemperie, all’incuria e all’ostracismo degli infermieri più intransigenti.
E si, perché l’edificio è in stato di abbandono dal 1978 e il “libro di pietra” custodito nelle sue mura è considerato oggi un capolavoro assoluto della “art brut” mondiale.
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facciata esterna dell'ospedale psichiatrico di Volterra |
Autore di questo patrimonio artistico (unico nel suo genere) è NOF4, all’anagrafe Oreste Fernando Nannetti.
Nato a Roma nel 1927, Nannetti è uomo dal passato quasi sconosciuto: di lui non si sa quasi nulla fino al 1948 quando in seguito a un processo per oltraggio a pubblico ufficiale, fu dichiarato incapace di intendere e volere.
Venne successivamente trasferito nella sezione giudiziaria del complesso, che alternò saltuariamente con la sezione civile fino alla sua dimissione e morte, avvenuta nel 1994.
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due delle poche fotografie esistenti di Oreste Fernando Nannetti |
Considerato un fiore all’occhiello della sanità italiana durante gli anni ’50 e ’60, l’ospedale psichiatrico aveva migliaia di pazienti nonostante alcune crudeli terapie che all’epoca venivano praticate, come l’elettroshock e la lobotomia.
Da questo “generatore di sofferenze e di dolore”, Nannetti cominciò ad incidere, con la fibbia del suo gilet da internato, i muri dell'ospedale psichiatrico dove era rinchiuso.
Per nove anni raccontò l’alchimia dei propri sentimenti, gli abusi subìti, i viaggi astrali e temi visionari, gli umani limiti, diventando inconsapevolmente uno degli artisti più famosi di quel periodo.
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il panciotto indossato da Nannetti; la divisa dell'ospedale psichiatrico di Volterra e l'ardiglione della fibbia usato per incidere i graffiti |
Dietro ogni suo geroglifico si cela un micro-universo, quello di un uomo che nella sua lunga permanenza da internato ha provato a lasciare una traccia di sé.
Tanti sono i film-documentari, articoli e recensioni, esposizioni museali che raccontano la sua creazione, riconosciuta soltanto a distanza di molti anni come straordinaria testimonianza di un’esistenza bizzarra.
Una traccia lunga 180 metri e alta 2 metri, di complessa interpretazione a partire dal suo pseudonimo: il prefisso NOF ”Nannetti Oreste Ferdinando" o "Nucleare Orientale Francese" o, ancora, "Nazioni Orientali Francesi", mentre il «4» costituiva il riferimento alla matricola che aveva ricevuto all'entrata della struttura.
Quando Nannetti parlava del graffito, alludeva sempre al suo “doppelgänger” che chiamava NANOF11. «L’autore di queste incisioni è NANOF11» -diceva- «è lui che si esprime per me».
L’opera a cielo aperto di NOF4, purtroppo, sta inevitabilmente andando incontro alla totale deteriorazione.
Fu proprio questo il motivo che spinse Aldo Trafeli (un infermiere dell’ospedale, che divenne in seguito suo amico) a scrivere un preziosissimo libro che onorasse la memoria di quest’uomo così misterioso e documentasse (con immagini e testimonianze scritte) ciò accadde a Volterra in quegli anni.
(articolo a cura di //////vainsandro)
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