Serie in 7 puntate, della netflixiana Midnight Mass si parla da un po' nel sottobosco degli amatori di serialità televisiva, quella non per forza mainstream.
Tratto dall'omonimo romanzo, era un progetto che il regista Mike Flanagan inseguiva da diverso tempo e che gli era sempre stato negato; poi, dopo altri progetti, Midnight Mass ha visto finalmente la luce, mostrandosi per quel che è: una serie che vuol essere d'autore, con un ottimo cast, una bella idea (non originale: viene appunto da un racconto di terzi) e un'altrettanto bella regia.
Ma non tutto fila sempre liscio.
Midnight Mass dà, più che altro, l'impressione di essere un'opera pretenziosa.
Al netto di due episodi iniziali molto intriganti, la serie accusa un momento di enorme pesantezza nella parte centrale e poi si riprende (con tutt'altri ritmi e anche tutt'altro genere) nelle puntate finali.
Siamo su un isolotto americano, abitato da nemmeno duecento persone che per vivere o si danno alla pesca, oppure ogni giorno prendono il traghetto per raggiungere la terraferma.
Un isolotto sperduto e persino sfortunato (qualche tempo prima si riversò del petrolio nella baia, impedendo qualsiasi attività commerciale), e con la tipica comunità chiusa che fa sempre il suo gran lavoro in questo tipo di storie.
Persone arrese alla vita, che hanno come unico momento conviviale quello della messa domenicale.
La religione, in Midnight Mass, è il tema centrale, con tutte le sue diramazioni: fanatismi, contrasti, ottusità e aura sovrannaturale.
Midnight Massè una serie mystery con diversi sprazzi d'orrore.
Il tutto parte quando il protagonista torna sull'isola dopo quattro anni passati in carcere; negli stessi momenti giunge sul posto anche il nuovo prete, chiamato a sostituire l'anziano monsignore debilitato dopo un viaggio in Terra Santa.
Ma proprio costui sembra non essere così trasparente, nonostante la sua verve e la capacità di radunare a sé i fedeli; nel frattempo, strani fenomeni si verificano sull'isola, tra misteriose apparizioni e ritrovamenti di animali morti.
Guardando i primi episodi, non si ha idea di dove Midnight Mass possa andare a parare: intriga e incuriosisce, per poi mostrare presto tutte le carte in tavola, o quasi.
Più che twinpeaksiana, come può sembrare inizialmente, è una storia kinghiana: anche qui viene rivelato il "mostro" e non si lascia più spazio a quel mistero incombente che invece caratterizza l'inizio delle vicende (i primi due-tre episodi).
È una serie lenta, ma che ha anche azione: solo che il tutto non sembra essere ben bilanciato, rischiando un disequilibrio per lo spettatore meno avvezzo a certi ritmi narrativi.
Gli episodi probabilmente durano troppo (più di un'ora), perdendosi in scene che potevano essere condensate in tempi più brevi.
Il tema, come detto, è quello della religione.
Due riuscitissimi personaggi sono anche colonne portanti di un credo diverso: la fanatica perpetua, bigotta pungente e irritante, e lo sceriffo, musulmano con giovanissimo figlio a carico.
C'è anche tempo per qualche discorso politico, di integrazione e di pregiudizio (religioso-razziale).
Ma Midnight Mass, che cambia registro passando da echi x-filesiani a Jonestown, si perde anche in minuti di lentezza forse immotivata, che tra dialoghi lunghissimi (alcuni veramente belli, altri noiosi) gioca a essere una serie d'essai ma non può esserlo, creando così un effetto straniante e pure improvvisi sprazzi kitsch (pochi, per fortuna).
Non ci vuol molto a capire che il maquillage di un paio di attori è posticcio, per esempio.
Mettete in conto anche di sospendere l'incredulità in certi passaggi.
Però Midnight Mass ha anche un trama che riesce a incuriosire, e costruisce una tensione costante che aiuta ad arrivare alla fine anche nei momenti meno ispirati.
Gli attori sono tutti nella parte, con Annabeth Gish (X-Files), Rahul Kholi, Samantha Sloan e Hamish Linklater che spiccano sugli altri.
Fede, vita, morte, religione cristiana come resoconto di vite che si incrociano, all'ombra di un terrificante angelo.
Non un capolavoro, però godibile.
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