Oggi FB mi ha ricordato che due anni fa venne pubblicato, in una antologia della Delos Book (365 racconti d'estate), un mio racconto. Partecipai al concorso e il mio piccolo scritto fu selezionato dalla commissione. Il tema da seguire era l'estate, io ci abbinai quello dei colori, che amo.
1992, colori
La guardavo mentre se ne stava in piedi sulla battigia.
Indossava un pareo azzurrino, che svolazzava impertinente quando dal mare spirava la brezza dolciastra.
Lunghi capelli neri raccolti in una coda, aria distratta, un corpo che a me pareva da modella.
Bracciali dorati scintillavano al sole e, accostati alla sua pelle bruna, erano quasi diventati per me il simbolo stesso dell’estate.
Non so perché, ma se oggi ripenso a lei l’immagine che ho in mente è quella di un pallone colorato, da lei raccolto dopo la corsa che il vento gli aveva imposto.
Ricordo di come porse quella sfera gialla e rossa al bambino che la inseguiva divertito e disperato sin dal lido accanto al mio, quello con gli ombrelloni verdi.
Sorrise distrattamente e tornando a volgere lo sguardo al mare si sistemò una ciocca di capelli con le dita, mentre dallo stabilimento arrivava l’eco ovattata di una canzone al juke-box: lì, in quel preciso momento, mi innamorai di lei.
Ero undicenne, all’epoca.
Lei chissà.
Non la rividi più, negli anni seguenti.
Per un paio di estati la cercai con sguardo indagatore tra la folla vacanziera che popolava quel posto.
Gelaterie, negozi, tabacchi. E ancora, bancarelle, pizzerie, persino alle giostre. Niente.
Mi è sempre piaciuto pensare che fosse in attesa di qualcuno; luci o voci lontane da quella distesa d’acqua che le si parava innanzi come nella più bella delle cartoline.
Era l’estate del 1992. Quel mare è ancora blu, oggi come allora.