Sono tornate in massa le riviste di informazione, specie quelle su animazione e fumetto, che vanno a sommarsi alle analoghe già esistenti e a quelle di cinema e televisione.
Le novità principali sono rappresentate sicuramente da Nippon Shock Magazine, Anime Cult e Heavy Metal, un trittico particolare ognuna con uno spirito diverso.
Ma, con questa nuova piccola invasione, le domande sono state diverse.
Dopo qualche mese di presenza nelle edicole, proviamo a tirare le somme: tra casi editoriali e cambiamenti in corso, ecco un'analisi di quello che sta succedendo.
Il quesito principale è solo uno: qual è il pubblico a cui si rivolgono queste riviste? Chi le compra davvero?
CHI ACQUISTA LE RIVISTE
L'acquirente principale è evidentemente una persona abituata all'acquisto di questo media, quindi gente di minimo 30 anni.
Si tratta dei lettori che le riviste le hanno vissute in passato, vedendole poi sparire dalle edicole a inizio anni 2000.
Gente che concepisce questo mezzo di comunicazione come un qualcosa dove trovare informazioni, al di là di internet; dove trovare opinioni e pareri, talvolta anche firme autorevoli.
Un'idea di aggregatore, di rivista come simbolo generazionale, o di una sub-cultura o "tribù" (vedi QUI).
LE NICCHIE
Heavy Metal propone la formula già testata nell'originale, tra interviste, particolari articoli di stampo sociale e fumetti d'autore; Anime Cultha cercato subito la sua nicchia, che è sicuramente nostalgica (anche del mezzo stesso) ma non girellara, anzi.
L'idea di una enorme retrospettiva sul fenomeno anime/manga in Italia ha tracciato una linea ben precisa, ricca di dettagli inediti e risvolti di primissima mano. Una ricostruzione che mese dopo mese ricorda e rivela retroscena di un periodo che ha ovvie ripercussioni anche oggi.
Nippon Shock Magazine ha da subito voluto inserirsi nel boom attuale dei manga (soprattutto) e degli anime, ossia quell'attuale fenomeno che ha portato i fumetti giapponesi a diventare l'articolo più venduto in qualunque libreria (QUI la storia dei manga in Italia) e la fruizione di tante opere animate (soprattutto nuove) sulle piattaforme streaming, proponendo una visione molto culturale e specifica.
Ma la stessa rivista ha avuto necessità di cambiare (vedi QUI), non venendo compresa appieno: perché?
UNA BOLLA?
Le risposte possono essere molteplici, e coinvolgono vari aspetti del fenomeno.
Premesso anche che per me attuale boom dei manga è più che altro una bolla modaiola (e ritengo ci fosse molta più consapevolezza delle opere nella precedente invasione...), è innegabile che il fumetto giapponese sia tra i prodotti più venduti.
LA NUOVA GENERAZIONE E IL WEB
Ma torniamo a noi: perché parlare su rivista di opere contemporanee (anche di estremo successo) non ha funzionato?
1- le nuove opere non interessano poi così tanto, a livello di analisi e studi approfonditi.
2- i lettori più giovani sono viziati da anni di web gratuito.
3- le nuove opere non attirano i compratori di riviste.
Che ci sia un problema col web è un dato di fatto, visto che all'annuncio sia di Nippon Shock Magazine sia di Anime Cult, alcuni siti su anime/manga hanno immediatamente e aprioristicamente boicottato le iniziative, guardandole con sospetto.
Della prima hanno detto che nel 2022 (il primo numero è uscito a luglio di quell'anno) non aveva senso uscire sul mercato con una rivista, oltre che contenuti analoghi si sarebbero potuti trovare su internet e scritti anche meglio; della seconda che non è una rivista al passo coi tempi, perché parlare di "anime cult" oggi significa parlare dei titoli contemporanei.
Per inciso, l'editoriale di Anime Cult n. 4 risponde proprio a questi e altri commenti simili.
Una visione tutta italiana e miope, perché all'estero le riviste su anime e manga vengono stampate e funzionano: la gente vuole approfondimenti, retroscena, analisi e studi da leggere su carta.
Dunque, ciò forse sta a indicare che le nuove generazioni (lettori di Chainsaw Man, Tokyo Revengers, Blue Box, e spettatori di Gintama, My Hero Academia...) non acquistano riviste, non sono interessate agli approfondimenti, pensando di trovare tutto gratuitamente sul web insieme alle news.
E quindi, riviste che analizzano questi titoli difficilmente hanno presa sul pubblico, e non hanno appeal su chi invece queste riviste le acquista, e che cerca -per motivi generazionali- analisi di opere più classiche.
Anche io scrivo per il web e la domanda me la pongo: ho contribuito a "drogare" i fruitori, dando gratuitamente per anni articoli e retrospettive?
Invece credo che le cose possano coesistere, specie se su una rivista l'esclusività è data da un punto di vista "importante", che i siti e i blog non hanno.
Forse le nuove generazioni posso abituarsi a capire che è giusto leggere anche studi analitici sulle opere, come successo col numero di Robinson de La Repubblica che ha ospitato articoli (sul Giappone e sui manga) di firme importanti.
Insomma, del passato c'è ancora molto di inedito da dire, del presente c'è tanto di cui poter parlare.
Peccato che forse i manga a singoli episodi non funzionino (e come fare a leggerli altrimenti, se poi non sono raccolti in volume? E perché la soluzione di Heavy Metal, con fumetti singoli, funziona?).
Quale sarebbe la strada giusta, che tenga conto anche delle vendite e della sopravvivenza?
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Premesso anche che per me attuale boom dei manga è più che altro una bolla modaiola (e ritengo ci fosse molta più consapevolezza delle opere nella precedente invasione...), è innegabile che il fumetto giapponese sia tra i prodotti più venduti.
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1- le nuove opere non interessano poi così tanto, a livello di analisi e studi approfonditi.
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3- le nuove opere non attirano i compratori di riviste.
Che ci sia un problema col web è un dato di fatto, visto che all'annuncio sia di Nippon Shock Magazine sia di Anime Cult, alcuni siti su anime/manga hanno immediatamente e aprioristicamente boicottato le iniziative, guardandole con sospetto.
Della prima hanno detto che nel 2022 (il primo numero è uscito a luglio di quell'anno) non aveva senso uscire sul mercato con una rivista, oltre che contenuti analoghi si sarebbero potuti trovare su internet e scritti anche meglio; della seconda che non è una rivista al passo coi tempi, perché parlare di "anime cult" oggi significa parlare dei titoli contemporanei.
Per inciso, l'editoriale di Anime Cult n. 4 risponde proprio a questi e altri commenti simili.
Una visione tutta italiana e miope, perché all'estero le riviste su anime e manga vengono stampate e funzionano: la gente vuole approfondimenti, retroscena, analisi e studi da leggere su carta.
Dunque, ciò forse sta a indicare che le nuove generazioni (lettori di Chainsaw Man, Tokyo Revengers, Blue Box, e spettatori di Gintama, My Hero Academia...) non acquistano riviste, non sono interessate agli approfondimenti, pensando di trovare tutto gratuitamente sul web insieme alle news.
E quindi, riviste che analizzano questi titoli difficilmente hanno presa sul pubblico, e non hanno appeal su chi invece queste riviste le acquista, e che cerca -per motivi generazionali- analisi di opere più classiche.
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Invece credo che le cose possano coesistere, specie se su una rivista l'esclusività è data da un punto di vista "importante", che i siti e i blog non hanno.
Forse le nuove generazioni posso abituarsi a capire che è giusto leggere anche studi analitici sulle opere, come successo col numero di Robinson de La Repubblica che ha ospitato articoli (sul Giappone e sui manga) di firme importanti.
Insomma, del passato c'è ancora molto di inedito da dire, del presente c'è tanto di cui poter parlare.
Peccato che forse i manga a singoli episodi non funzionino (e come fare a leggerli altrimenti, se poi non sono raccolti in volume? E perché la soluzione di Heavy Metal, con fumetti singoli, funziona?).
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