Fumetti, cartoons, giochi, giocattoli, videogames.
Un calderone che possiamo chiamare cultura geek.
Ultimamente mi avete scritto che non è sempre semplice -o non lo è stato- condividere queste passioni pubblicamente. Paura di essere derisi, di non essere presi sul serio, di essere considerati sfigati, di essere addirittura emarginati.
Ho ripensato alla mia vita e a queste passioni: ecco la mia storia, e forse anche la vostra.
DA BAMBINI
La questione è semplice: fumetti e cartoni animati, ma anche giochi in generale, sono considerati un prodotto per bambini o ragazzini.Oggi tutti sanno che non è più così, ma l'equazione -ormai insita atavicamente nei pensieri- resta dura a morire.
Quando eravamo piccoli tutto era concesso, in questo senso. Anche perché questi prodotti sono tecnicamente associati allo svago (quando non alla leggerezza tout-court).
SI CRESCE
La mia generazione è stata presa nel mezzo: siamo cresciuti con i primi miti (ossia tutto ciò che torna oggi dopo trent'anni), veri titoli che si imprimono nella cultura popolare diventando fenomeni di costume.Passando già alle scuole medie, ricordo che venivo bonariamente preso in giro per la mia passione su Batman (amavo la serie a cartoni, capolavoro dell'animazione seriale), su Diabolik o sulle opere Disney. Oggi quella stessa gente mi scrive per avere opinioni proprio sui Bat-prodotti. E quella stessa gente ovviamente nel segreto della loro casa "guardava ancora" i cartoni, ma non lo ammetteva pubblicamente.
Ma erano altri tempi, e cosa puoi aspettarti da una cittadina religiosamente chiusa dove anche i cani hanno "Pio" per secondo nome? Quindi, ci sta.
E VENNE DRAGON BALL
La svolta si ebbe con l'ondata manga della seconda metà anni '90.Una nuova passione che -complici storie un po' audaci o violente- si inserì poco a poco nell'immaginario collettivo, fino a diventare moda. Da quel momento leggere fumetti e guardare cartoni era accettato, ma non rientrava ancora nella normalità: era una passione artistica, particolare. Cool se eri fico, nerd se eri sfigato.
Quando Italia1 trasmise Dragon Ball (e poi Dragon Ball Z) ogni paura cadde e anche i trentenni di allora (oggi sarebbero ultraquarantenni, in relazione) divennero appassionati senza più vergogna. Di un prodotto meramente indirizzato ai ragazzini.
Ed era lo stesso periodo del boom PlayStation, dove sorsero nuovi miti apprezzati anche da chi era grandicello. Le barriere non esistevano più.
IL 2000
La passione divenne normalità (addirittura moda, ossessione) nei primi anni 2000.Tarantino piazza una sequenza animata giapponese nel suo Kill Bill mettendo così in scena l'ultimo atto della pantomima dei vergognosi-accusatori.
Un prodotto cult, alto cinema, che fa dell'animazione un elemento importante e la sdogana del tutto.
"Miki, hai visto Kill Bill? C'è una sequenza manga (sic!) è fichissima, geniale!" mi disse un amico che fino a qualche tempo prima mi guardava con sorrisetto beffardo se avevo con me un fumetto. Era fatta.
Ora gli sfigati erano coloro che non seguivano fumetti e cartoni, giochi e videogiochi.
Se passavo con un albo di Diabolik per mano, c'era sempre qualcuno che mi chiedeva "è porno?", come a dire "se leggi un fumetto, è perché deve essere porno per forza; l'utilità è che puoi farciti le seghe, mica leggerlo davvero!", ma nemmeno rispondevo più: erano gli altri a sotterrare questa gente in difesa della cultura geek.
OGGI
Superata le fasi sfigata, modaiola e fenomeno di costume, oggi la cultura geek è una cultura come un'altra.Certo il nerd è sempre un po' osteggiato (vivi e lascia vivere, vero, ma certe volte si rasenta l'autoemarginazione) e chiunque ha scoperto che si possono leggere fumetti e guardare cartoon ma nel frattempo laurearsi, lavorare, fare sport, divertisti in giro.
C'è un mercato apposito che si è ormai bilanciato, e vedo in giro ragazzini dalle medie al liceo che parlano di fumetti vecchi e nuovi senza alcun problema.
Ai miei tempi sarebbe stato impossibile, o quantomeno strano. Oggi, per fortuna, è la normalità.
Lo testimoniano show com The Big Bang Theory, che scherzano sull'argomento.
Io, che non ho mai nascosto le mie passioni geek (tanto da averci basato il blog stesso), ho vissuto ogni periodo quasi da spettatore esterno perché per me tutto andava avanti comunque, mentre per gli altri si trattava di trasformazioni sociali.
Certo, è bello vedere che nelle aule ci si scambi Spider-Man o Naruto in tranquillità, e ripenso che sarebbe stato bello poterlo fare anche ai miei tempi.
La ricompensa, però, l'ho ottenuta quando un amico mi ha detto: "beato te che ai tempi della scuola ti sei divertito e hai coltivato le tue passioni; guardavi film, leggevi fumetti e via dicendo. Ti sei divertito, noi recuperiamo a fatica".
Oggi non siamo più attaccabili, perché la gente che non legge fumetti è la stessa che guarda Uomini e Donne e ascolta Despacito o vive solo di calcio.