Nell'estate del 2000, ad un certo punto e totalmente a sorpresa, arrivò nel contenitore Bim Bum Bamun nuovo cartone.
Nessuno sapeva niente, solo da una settimana era possibile leggere questo titolo nelle riviste che pubblicavano i palinsesti: Rossana.
Titolo cortissimo, nome italiano, nulla faceva pensare a un nuovo anime. E invece.
Si trattava nientemeno che Kodomo no omocha (Il giocattolo dei bambini), serie animata completamente fuori di testa tratta dall'omonimo manga.
Forse uno degli ultimi guizzi mediasettiani old-school, per adattamenti censure e merchandising, Rossana raccontava la storia di una ragazzina che era già una star televisiva, ma che doveva anche frequentare la scuola come tutti gli altri.
L'anime -così come il manga- affronta tantissimi temi anche importanti, sempre col tono della serie ma mai banalizzati: bullismo, stress sul lavoro, morte, abbandono, cattive compagnie, adozione. E, sul finale, anche l'invisibilità sociale e -sottotraccia- anche il suicidio.
La serie colpì molto il pubblico italiano sia perché graficamente i protagonisti sembravano essere la versione giovanissima di Miki e Yuu di Piccoli problemi di cuore, sia perché le trame e le trovate erano assolutamente folli, dinamiche e senza freno. Il divertimento era, insomma, assicurato.
La sigla italianaè diventata presto una delle più amate della D'Avena: interessante notare come ciò che si racconta nelle strofe è semplicemente l'inizio delle vicende, ossia ciò che avviene nei primissimi episodi e che non sarà certo indicativo di tutta la serie. Che, difatti, non parla affatto di uno scontro maschi-femmine all'interno della scuola, ma si concentra presto su tutt'altro.
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