Dal 1992 a oggi sono passati più di venticinque anni.
Dal primo Aladdin film animato, al nuovo Aladdin in live-action.
La moda disneyana di rifare pedissequamente le sue classiche glorie ci porta oggi la storia della lampada magica.
Regia affidata a Guy Ritchie, per proseguire sulla scia dei nomi altisonanti dopo Burton.
Aladdinè divertente, Aladdinè anche diverso dall'originale: è stato aggiornato, o per meglio dire corretto politicamente. E io l'ho visto per voi, nello stesso cinema dove vidi il primo...
TRAMA
La storia la conoscete tutti: il giovane ladro Aladdin trova la lampada magica tanto bramata dal visir Jafar: strofinandola, diventa padrone di un logorroico djinn, disposto a esaudirgli ben tre desideri.La morale è chiara: l'avidità non paga mai, così come la finzione. Calarsi nei panni di qualcun altro è una recita che non può portare a nulla, e Aladdin lo capirà da sé, affrontando un mortale nemico e innamorandosi di una bellissima principessa.
IL FILM
La Disney e Richie costruiscono un Medio Oriente da favola, da Mille e una notte, lasciando i cliché geografici e architettonici ma eliminando ogni riferimento "pericoloso", tipo la religione.Colori sgargianti, veli e turbanti. Ammetto che fa strano vedere in versione live quel che conosci a memoria in forma animata. C'è del trash, come durante l'iniziale fuga tra le vie del mercato cittadino.
Ralenty e velocizzazioni, sfumature accese, confusione: non ho idea del perché abbiano voluto realizzare così questa scena, ma sembra una sequenza da film di Bollywood.
Per fortuna passa presto.
CAMBIAMENTI
Quando il genio si presentava, nel 1992, ammetteva i suoi limiti: non poteva far innamorare la gente, non poteva resuscitare la gente e non poteva ammazzare la gente. Quest'ultima clausola sembra essere sparita, in versione live. Non viene citata, e comunque nessuno esprime un desiderio in tal senso.Una linea della canzone iniziale Le notti d'Oriente venne già cambiata nel 1993 perché la comunità araba si incazzò per una frase ritenuta offensiva: e ti trovi in galera anche senza un perché, che barbarie ma è la mia tribù. Questa frase sparì e anche oggi si sente la versione modificata.
Tenetevi stretti la vhs del 1994.
Nel film del 2019 sparisce anche la frase"Aladdin ha già toccato il fondo [...] certo è colpa di chi lo ha messo al mondo", per non offendergli la madre: boh.
IL RUOLO DI JASMINE
Interpretata dalla bella Naomi Scott che fu Kimberly due anni fa nel film Power Rangers, Jasmine ha un ruolo molto diverso. Diciamo "aggiornato".A volte ruba la scena allo stesso Aladdin; forse era inaccettabile che oggi fosse solo una principessa.
E così si sprecano i riferimenti femministi (gaffe sul "comprare" donne) per una principessa progressista: Jasmine desidera diventare addirittura sultano.
Si vede che si tratta di un film Disney: Jasmin donna sultano, e nella vita vera le donne musulmane ancora soggiogate con coranica fermezza. Ma sognare non costa niente.
Insomma, a questo personaggio è regalata anche una nuova canzone, dove esprime con forza il suo ruolo e la volontà di non star zitta.
JAFAR E GLI ALTRI
Sebbene più sfaccettato rispetto al passato, Jafar è il personaggio che mi è piaciuto meno. Dal tenebroso uomo luciferino della versione animata al giovane senza scrupoli del film odierno.Ci perde molto, sia come mistero, sia come presenza: lo interpreta uno sciapo Marwan Kenzari.
Persino lo scontro finale risente di questo: sembra avere un po' meno mordente rispetto al passato.
Mena Massoudè invece un riuscito Aladdin, capace di concentrare quell'energia che aveva il character animato.
Will Smith perfetto nel ruolo del Genio: il suo è un mix tra Shazzan (QUI) e il djinn rapper Kazaam di Shaq O'Neil. Non raggiunge tutti i gradi di follia del cartoon, ma di più non si poteva chiedere.
Il sultano è, come nel 1992, un uomo vittima degli eventi. Perde qui il suo lato buffo, però.
Indovinata è l'introduzione dell'ancella Dalia, forse il miglior personaggio tra tutti.
Per certi aspetti erano però meglio i personaggi della parodia di Paperissima.
In ogni caso, un film divertente e utile anche solo a capire dove va il politicamente corretto, potendo fare un raffronto con il cult passato. Che, però, rimane assolutamente superiore.