Ha fatto scalpore, ieri, la notizia dell'attivazione del corso universitario per Influencer, ovviamente all'interno della facoltà di Scienze della Comunicazione.
Una facoltà bistrattata sin dalla sua nascita, e che sebbene oggi sia vista normalmente, ancora non riesce a scrollarsi di dosso l'infame epiteto che le fu affibbiato nei primissimi anni 2000: Scienze delle Merendine.
Come a dire che si trattava di argomenti facili, inutili, frivoli, sciocchi.
Oggi le merendine, invece, ve le tassano: cazzi vostri.
Era un corso di laurea nuovo e probabilmente lontano da quelli classici che c'erano sempre stati.
Non era Ingegneria, non era Architettura, non era Medicina e manco Legge.
Veniva guardato male anche dalle sorelle umanistiche, Lettere e Lingue.
Ma era, è. E con la notizia di ieri vi ha dimostrato che funziona.
Influencerè solo un titolo.
E -come dice su FB l'amico Andrea Toxiri- ci siamo davvero fermati al titolo.
Il piano di studi è il seguente:
Né più né meno che un banalissimo piano di studi di Scienze della Comunicazione.
Con materie che, ripeto, per venti anni sono state derise, e che invece sono il futuro.
Non è nemmeno così lontano da quello che ho studiato io dopo la prima laurea.
Il titolo che eCampus ha dato al suo corso è una paraculata, non c'è che dire.
Probabilmente tante zoccolette 2.0 saranno attirate dalla questione, immaginando di portare, a un esame, il loro profilo Instagram con le loro foto in pose sexy da cotechino.
Tutti credono di poter diventare -con due click e con un manuale- la nuova Ferragni, senza sapere che l'influencer è una figura che nasce da un lavoro ben definito. Ben pianificato. E ben realizzato.
Questo corso avrebbe potuto avere qualunque altro nome; sarebbe bastato addirittura il generico Scienze della Comunicazione: perché di questo si tratta, viste le materie, e questo si studia.
Peraltro, come giusto che sia, sempre in continuo aggiornamento.
Il buono di questo corso è che tanti, forse, ci sbatteranno il muso.
Quando capiranno che dovranno studiare sul serio materie per nulla scontate, e forse anche complesse/complicate.
Il buono è che ora diventa ufficiale, nel senso di accademico, ciò che tanti fantomatici guru del web spacciano (senza titoli) nei loro manuali a pagamento.
L'anno prossimo, magari, questo corso si chiamerà in un altro modo.
E la comunicazione sarà presa seriamente - in Italia siamo un po' arretrati, su questo: lo si capisce da come ci facciamo infinocchiare dal primo politico sudaticcio-.
Intanto, ripeto: è bastato un titolo che facesse faville, tra indignati e entusiasti/cretini, per dimostrare che la cosa funziona.
Si parla di loro, hanno raggiunto il loro scopo comunicativo.
Il loro corso di laurea triennale, applicato, dà i frutti sperati: non c'è alcun dubbio.