Specie per i tanti han vissuto la nippomania a cavallo tra gli anni '80 e '90, le novità in termini di animazione giapponese erano rappresentate unicamente a un'azienda: Fininvest/Mediaset.
Attena a recuperare materiale di prim'ordine dai cataloghi nelle varie fiere, è sempre riuscita a proporre un vastissimo numero di serie tv animate.
A cui ovviamente vanno aggiunge anche quelle di provenienza americana in primis, portando la sua library a ore e ore di cartoons.
Non tutti sono contenti, però, delle opinabili scelte che tale azienda ha operato: adattamenti e censure spesso arbitrari che arrivarono persino a modificare pesantemente gli stessi prodotti.
Ma... in tutto questo, e con gli occhi di oggi, possiamo affermare che Fininvest/Mediaset ha fatto qualcosa di buono per gli anime?
Prima di iniziare, è bene spendere due parole sulle censure.
Venivano applicate comunque col consenso dei giapponesi; erano talvolta gli stessi giapponesi a togliere qualcosina per "vendere meglio" i loro prodotti; ci sono casi in cui la Mediaset ha adattato meglio rispetto al manga.
Vi consiglio la lettura di questi tre articoli, per approfondire il discorso:
- CENSURE NEGLI ANIME - UNO SGUARDO AL PASSATO
- PICCOLI PROBLEMI DI CUORE - NON ERA CENSURA
- RAYEARTH - GLI ADATTAMENTI ITALIANI
IL CONTESTO
Ovviamente bisogna contestualizzare il momento in cui Fininvest/Mediaset operava.L'equazione, finalmente superata (a fatica), era quella del cartone animato = prodotto per bambini.
Niente di più sbagliato, ma in quell'ottica ci si doveva muovere.
I cartoons tiravano. I cartoons funzionavano. E meglio ancora, quelli giapponesi. Con storie che sapevano appassionare, regie particolari, disegni accattivanti e trame che tenevano col fiato sospeso.
Inoltre, spesso, generavano profitto attraverso tutta una serie di merchandising abbinabile al titolo.
Avrete sicuramente notato che la Fininvest/Mediaset sceglieva, per i suoi programmi, anime a basso tasso di violenza o addirittura tendenti al genere "rosa", seppur unisex.
Quindi molte storie sportive, avventure, maghette, quotidianità e anche azione ma lontana da sequenze troppo forti. Che tanto, se c'erano, si tagliavano via senza troppi problemi.
Solo verso la fine degli anni '90 le cose iniziarono a cambiare.
Questo perché era impensabile rinunciare, per un'azienda televisiva, a opere come Sailor Moon o Dragon Ball; Creamy o Pokémon. Generavano profitto, ed erano presumibilmente vendute e spinte proprio in previsione di un lancio pianificato fin nei minimi dettagli, a volte anche mondiale.
UNA QUESTIONE ECONOMICA
Arriviamo al punto.Se è vero che la Fininvest/Mediaset ha massacrato tante serie, è pur vero che quelle serie le ha comunque portate in Italia.
Non poteva esserci altro modo per proporle se non tagliando o cambiando qualcosa, questo è un concetto che deve risultare chiaro.
Allora, mi si dirà: perché comprare certi prodotti se poi li devi stravolgere?
Bene, è una questione economica: le reti sopravvivono con introiti e certi prodotti erano utili a fare share in certi slot e con certe fasce d'età.
Ma non solo: se tali serie animate non le avesse acquistate Fininvest/Mediaset, avremmo potuto non vederle mai.
Nessun altro le avrebbe acquisite, o se lo avesse fatto, sarebbero comunque state censurate per andare in onda in un orario adatto a un certo pubblico che poi avrebbe acquistato il merchandising.
Di certo, non le avrebbero acquisite aziende che si occupavano e occupano ancora di animazione giapponese, visto che il pubblico di nippo-fan, fino alla fine degli anni '90, non era certo così numeroso.
QUEL CHE C'È DI BUONO
Comunque la si veda, se abbiamo potuto goderci un grandissimo numero di serie animate giapponesi (e l'Italia penso proprio sia la nazione che detiene il record in questo senso...) è anche e soprattutto per Fininvest/Mediaset, che ne ha favorito la diffusione.È vero pure che la stessa azienda si è purtroppo premurata, specie nella seconda metà degli anni '90, di ridoppiare (e ri-siglare) alcune serie storiche, sminuendo il precedente lavoro.
Di contro, ha anche migliorato lavori precedentemente svolti da altri, spesso anche un po' imbarazzanti, ridoppiando e riadattando Doraemon o Dr. Slump e Arale in una edizione più attenta e fedele all'originale.
I prodotti proposti da Fininvest/Mediaset erano costantemente sugli schermi: potremmo parlare quasi di overdose di disegni animati.
Di ogni tipo, per tutti i gusti. E ogni lavoro è stato portato a compimento (latitano, ad oggi, le nuove stagioni di One Piece, Detective Conan o Naruto Shippuden). Ma oggi sono anche altri tempi.
All'epoca d'oro di Bim Bum Bam e tutti gli altri contenitori (Ciao Ciao, Game Boat...) abbiamo potuto vedere ogni cosa possibile, e niente era lasciato a sé.
Sapete che alcune nazioni non hanno mai visto l'ultima stagione di Sailor Moon perché mai trasmessa dalle loro tv, ai tempi?
CONCLUDENDO
In sostanza, se oggi abbiamo una così vasta cultura di opere nipponiche è merito anche della Fininvest/Mediaset: tantissime ore dedicate a questi prodotti, creando una vera e propria cultura "parallela", una sorta di famiglia che ulteriormente poteva generare profitto.La scelta di affidare tutte le sigle italiane a due o tre artisti, la scelta di certi studi di doppiaggio, la scelta di programmi-contenitore ha permesso la nascita di un sistema vero e proprio, fatto di trasmissioni, volti, voci, sketch, dischi e concerti.
Vero che gli anime sono stati censurati, a volte anche in modo imbarazzante.
Ma era meglio non avere niente, o meglio avere tutto questo?
A voi la parola.
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