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[FILM] Diabolik, il film: la recensione (no spoiler)

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Adattare un fumetto in un film è impresa titanica, anche se può apparentemente sembrare facile.
Adattare in film un fumetto come Diabolik -che tra le opere disegnate è una delle più particolari, per schemi, stilemi, narrazione- è ancora più difficile.
I Manetti Bros. però ci provano, e riescono a confezionare il film perfetto sullo spietato criminale di Clerville.
L'impresa è riuscita, possiamo dirlo tirando un sospiro di sollievo: Diabolikè un gran bel film.
Fedelissimo, peraltro, al fumetto.

Alcune delle prime recensioni lette in rete non sono state incoraggianti, ma il film va invece visto coi propri occhi: e si comprende bene che certe critiche arriveranno quasi sicuramente da chi di Diabolik ha letto ben poco, o perlomeno non è mai entrato fino in fondo nel mood del fumetto.
Il film invece cerca proprio quelle atmosfere lì, e le cerca nella fedeltà all'opera originale.
Si potrà obiettare che gli attori non sono del tutto somiglianti alla loro controparte cartacea, ma anche in questo caso sarebbe una critica superficiale, persino sciocca.
Diabolik il film ci mostra invece, e finalmente, cosa è Diabolik-marchio.

Miriam Leone e Luca Marinelli


Un brand vero e proprio, che si può declinare in tanti modi (lo fece Mario Bava negli anni '60 per il cinema, lo fecero la Saban e la Mediaset per l'animazione, lo stava facendo Sky per la TV...) ma che effettivamente i fratelli Manetti hanno saputo interpretare meglio di chiunque altro.
Una garanzia, da chi dirige da anni le avventure di Coliandro (QUI) e ha compreso bene l'approccio da utilizzare per un'opera così particolare -e particolarmente difficile- come Diabolik.


Valerio Mastandrea è Ginko


Tempi, serietà, uno sguardo al cinema di genere e agli stilemi anni '60.
Diabolik il film ha un'unica grande anima che addirittura si sdoppia in un primo e secondo tempo: il noir, elegante e algido della prima parte; il fumettoso action movie con elementi jamesbondiani nella seconda (e Diabolik è coetaneo del primo film di 007).
Proprio gli anni '60, epoca in cui è ambientata la storia, sono ricostruiti alla perfezione: incredibile come Bologna e Milano -per meglio dire alcuni scorci selezionati delle due città- diventino una perfetta e seriosa Clerville; e come la marittima Trieste diventi una credibile Ghenf.
Il lavoro di ricerca e costruzione di location e ambienti (interni ed esterni)è favoloso e incanta.

il rifugio di Diabolik

Diabolik il film spiazzerà tanti, non piacerà a qualcuno, ma conquisterà il resto del pubblico: magari a lungo raggio.
Arte, design italiano, grandi marchi, architettura e pure il brutalismo postmoderno di alcuni spazi non possono che ammaliare gli spettatori.
Alcune situazioni, specie a chi è abituato a ben altri cinecomics, potrebbero risultare persino strane: dai dialoghi impostati e teatrali alle frasi altisonanti, passando per certe inquadrature e alcuni vaghi tocchi melò.
E invece è tutto giusto, tutto come dovrebbe essere.




Diabolik ha infatti dei canoni precisi e su questi si sono basati i Manetti (con la supervisione della casa editrice e del direttore Mario Gomboli): una scelta ponderata, quella di raccontare una storia nella stessa misura in cui è narrata nel fumetto.
Che non significa somiglianza di personaggi e attori, o aderenza completa al terzo albo della serie (a cui sono state apportate aggiunte e modifiche di tipo narrativo, ovviamente), ma più propriamente la cattura del linguaggio di un'opera come Diabolik, che o si ama o si odia, risultando tra i più particolari dell'intero panorama delle nuvole parlanti.

Alessandro Roia con Miriam Leone

Diabolik dimostra di essere, anche attraverso questo film, qualcosa di profondamente fissato nella cultura popolare italiana: un marchio specifico, un nome che va oltre il fumetto.
E del fumetto, in questo film, c'è tutto: dalla Jaguar al pugnale, dalle maschere ai trucchi, dai rifugi ai furti.
Ma Diabolik non è solo questo, e anche subliminalmente ogni lettore affezionato lo sa: Diabolikè belle case, bei palazzi, belle donne, belle auto.
È uno stile di vita, chic quanto vogliamo, mai debordante e sempre raffinato.
E nel film c'è tutto questo.
Un'opera di design, elegante, che lentamente seduce con la stessa classe del fumetto da cui è tratta.
Un universo a sé, alternativo come la sua geografia semi-inesistente; una magia, un gioco dove ogni elemento esiste solo al fine dello stesso.

Eva Kant e Diabolik


Diabolik il film non lo si vede nemmeno per la trama (nota da sessant'anni, anche se ci sono sorprese), ma per le situazioni, l'eleganza, le ambientazioni ricercate.
Un cast affiatato ricco di grandi nomi, anche per i ruoli secondari; tanti easter eggs per i fan più affezionati (tra cui diversi cameo); musica (a cura del duo Pivio e Aldo De Scalzi) che riesce a sottolineare perfettamente ogni scena.
Un racconto nero, anarchico, tra le righe anche ironico, che non dimentica la sua natura di fumetto del 1962.
Se esiste un modo per rendere bene Diabolik in formato "live action", lo hanno trovato i Manetti Bros., ed è qui, ora. È questo.

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