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[BLOG] quello che i blogger non dicono

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La verità dietro a un blog.
Sapete che per diversi anni non mi sono definito "blogger"?
Dicevo semplicemente che avevo un blog, che scrivevo su un blog, ma la parola blogger mi sembrava una cosa riferita a un mondo che non era mio; un mondo distante, fatto di guru, di chi ne capiva, di chi scriveva bene, di chi scriveva persino riguardo al blogging stesso.
Poi ho capito che mi sono sempre sottovalutato, ma non perché chissà quanto valessi: semplicemente non c'è chi ne capisce, non ci sono guru. E chi scrive persino riguardo al blogging, magari fa pure meno click e commenti di me.
Ma infatti, come si misura il successo di un blog?
Qual è la verità dietro questi spazi web?



Torniamo ai guru, a quelli che ti dicono come e quando pubblicare, come e quanto guadagnare.
Ah, quante ondate di bloggers ho visto in questi anni: illusi dal fatto che "ad avere un blog si guadagna", aprivano sperando -non si sa perché- di essere letti da qualcuno.
Poi subentrano subito le altre fasi: gli euro non arrivano, l'entusiasmo cala, le pubblicazioni si fanno rade, le interazioni non ci sono, il blog chiude (se va bene: tante altre volte viene abbandonato a se stesso).
In pochi dicono davvero cosa c'è dietro un blog, quanto lavoro c'è.


Sono ormai passati due anni dalla mia decisione di dire addio alla blogosfera (QUI), e devo dire che non solo ho allontanato del tutto lo spettro della tossicità che talvolta si innescava (ci torneremo), ma ho anche dedicato molto più tempo e molte più energie a me e al mio progetto.
Posso dirvi che i risultati ci sono stati, e oltre ogni aspettativa (peraltro nemmeno cercata).
I numeri crescono sempre più.
I commenti sono ovviamente scesi.
Ovviamente sapevo che sarebbe andata così, ma è stato facile superare quella soglia mentale del passare da centinaia di commenti a poche decine (o nemmeno).
Tanto che, a cuore assolutamente leggero, ho iniziato anche a mettere degli articoli dove non è previsto il poter lasciare un commento.
Fa un po' strano, a primo impatto, vedere zero interazioni; ma se si osserva con uno sguardo d'insieme, si nota che queste ci sono sempre e sono molte, magari altrove, magari in altri modi.






Quindi, allora? Come si può misurare l'andamento di un blog?
Un tempo avrei detto io stesso che un blog andava bene non quando faceva tanti click, ma quando i suoi post generavano un certo quantitativo di interazioni.
Un tempo. Quando la blogosfera era un'altra cosa.
Oggi ho un'altra visione della questione. E non si tratta certo dei numeri (che tra bot e counter truccati/alterati, non sono certo quelli che vediamo/mostriamo davvero).
Per me un post (più che un blog) ha "successo" quando genera movimento.
Ricondivisioni, riconoscimenti, interventi.
Parlando di me nello specifico, aver attirato l'attenzione di alcuni editori, direttori editoriali e gente della televisione ha costituito un "successo".
Quando vedo i miei post rilanciati da disegnatori, doppiatori, scrittori... per me è un "successo".
Tutto ciò che gira intorno al blog stesso, non solo il blog.






Alla pandemia siamo sopravvissuti in pochi, e non mi riferisco alla morte fisica (per fortuna).
Ma tanti sono i blog morti o moribondi, cambiati, abbandonati, addirittura barricatisi dietro un loop da cui non si riesce a uscire.
Altri si sono stancati (come successe a me, d'altronde) dell'andazzo generico di questa porzione di blogosfera, che ha mostrato spesso i suoi lati non proprio perfetti.
Ma la blogosfera è ancora la porzione migliore del web, paradossalmente.


È che scrivere su di un blog innesca una serie di cose: non è un lavoro, non è un obbligo, ma alla fine rischia di diventarlo.
Perché scriviamo a un pubblico che ci segue, ci legge, commenta.
Aspetta i nostri nuovi articoli.
E questo pubblico merita rispetto. Il massimo del rispetto possibile.
Il problema è che a volte si può sentire il peso di questo "dovere morale", specie se si incappa in intrecci tossici.






E i guadagni? Col blog non si fa una lira.
Non direttamente, almeno.
Ecco, potreste offrire qualche spicciolo facendo una donazione se il blogger ha reso possibile questa opzione, ma poi quel blogger deve (dovrebbe!) ancor di più essere presente con nuovi articoli, frequentemente, con qualità.
Possiamo mettere dei banner pubblicitari, spesso invasivi, che vanno a imputtanare l'impaginazione.
Magari state leggendo qualcosa sulla fame nel mondo e vi esce lo spot di un hamburger (e siete anche vegani).
Insomma, per pochi centesimi penso non ne valga la pena.
C'è chi si affilia ad Amazon, sponsorizzando quindi la possibilità di acquisto (su quella piattaforma) del materiale recensito nell'articolo...


Al massimo, con questo hobby, si ottiene qualche prodotto gratis.
Chi è più fortunato lo avrà fisicamente, altrimenti bisogna accontentarsi di file virtuali.
È che, in realtà, dietro un blog c'è solo una cosa: la passione che ci spinge a divulgare.
Scrivere qui sopra costa tempo, costa fatica, ma è divertente.
Divertentissimo.


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