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[EDITORIA] torna Japan Magazine: vi racconto tutto tra nostalgia, presente e riflessioni

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Ormai lo saprete tutti: «Japan Magazine» torna in edicola.
Dall'8 marzo, mensile, la storica rivista su manga e anime arriva sugli scaffali a diversi anni dalla sua chiusura.
Ne sono coinvolto anche io e, anche per fare chiarezza sulle voci e sui dubbi, ho deciso di raccontarvi tutto.
Con un paio di riflessioni finali.



Inizio subito col dirvi che alcune delle perplessità, spuntate fuori da qualche commento in queste ore, erano anche le mie, quando ormai un anno fa mi fu detto che la casa editrice stava acquisendo i diritti del marchio e della rivista.
Esiste già «Anime Cult», dopotutto, che si occupa di animazione e fumetto giapponese.
Ma è proprio qui che poi, lavorando su «Japan Magazine» (dallo scorso settembre) ho capito la direzione delle cose.
«Anime Cult» è una rivista che sta diventando sempre più approfondita, di ricerca e di esclusive. Tecnica, diciamo. Sicuramente la più approfondita per quanto riguarda una ricostruzione storica del fenomeno anime/manga in Italia.
«Japan Magazine» vuol essere diversa.





Si è detto: conoscendo il passato e la storia controversa del magazine (QUI vi raccontai tutto), era proprio necessario riesumare un qualcosa che si porta dietro tante ombre assieme alle sue luci?
Il progetto, l'editore e chiunque ne sia coinvolto non tentano certo di nascondere nulla: io stesso, impegnato sul nuovo «Japan Magazine», ho scritto articoli assolutamente critici sul «Japan Magazine» originale, e l'ho fatto sulle pagine di una rivista dello stesso editore, sapendo già bene che il marchio sarebbe stato "riesumato" dallo stesso.
Il passato non si nasconde né si cancella.
Anche perché la voglia è quella di riportare tra noi solamente lo spirito bello di «JM», una rivista presente ancora oggi in ogni cameretta.
Al di là di strafalcioni, refusi, cringiate, pirateria.
Uno spirito che univa, divertiva, a volte sorprendeva. È stato quasi un mondo a sé, specie paragonato alle altre due riviste dell'epoca («Mangazine» e «Kappa Magazine»).






«Japan Magazine» ha avuto sempre un approccio ludico alla materia, un approccio scanzonato.
Questa è l'anima si cercherà di proporre. Meno tecnicismi e maggiore leggerezza, più colore.
Ma anche giochi, rubriche (quelle storiche!), poster, il fotoromanzo di Love me Licia (legalissimo: è un prodotto ufficiale licenziato dalla Mediaset).
È tutto quello che «Anime Cult» non fa, e viceversa. Le due riviste si completano/compensano a vicenda.
Potrebbero talvolta trattare gli stessi titoli, certo, ma non nello stesso modo.
Il divertimento è alla base dello spirito che muove il nuovo «Japan Magazine».
Un divertimento spensierato ma non sciocco, e speriamo anche ricco di interazione.
Sicuramente, stavolta, cercando di evitare errori, inesattezze e cose completamente inventate (che, comunque, hanno fatto parte del mood della rivista, caratterizzandola: c'è da dire anche questo).






E ora veniamo alle riflessioni finali.
Mera operazione nostalgia? Perché continuare su questa linea? Perché ripescare proprio un marchio così controverso?
La nostalgia tira, c'è poco da fare. Sarà che viviamo un momento storico particolare, o ci si è accorti che le cose del passato possono e devono essere ancora studiate da nuovi punti di vista (e prestissimo avrete mie notizie in merito, stay tuned!), ma non è uno spremere l'argomento o il lettore (che può benissimo evitare l'acquisto): è una necessità di racconto. 






Un bisogno, quello dell'edicola; un bisogno di ritrovare qualcosa che è andato perduto (dopotutto, sarà un caso che anche siti, youtuber, blogger e personaggi social vogliono finire su carta?).
Non si sta mangiando sulla girella (sapete che io per primo sono contrario ai girellismi...), è sempre la passione a muovere questi progetti.
Semplicemente, si parla di prodotti del passato.
La divisione comics della Sprea è nata sin dall'inizio con questo intento, dopotutto; un intento a cui altri hanno dovuto accodarsi in corsa visto che - eh già! - almeno per ora sembra funzionare.
Ci si chiede poi il perché dell'assenza di cose attuali.
Qui si potrebbe aprire una parentesi (è un argomento che di tanto in tanto si affronta anche tra redattori): funzionerebbe? Sono titoli che avrebbero pubblico, ossia gente che va a leggersi l'articolo dedicato?
Pensiamoci.


Un'altra rivista ha tentato (con gran classe, peraltro) di affrontare questi argomenti, e pare non sia andata granché bene.
Cosa c'è nei prodotti del passato ad attirare maggiormente? O è semplicemente il loro pubblico a essere ancora disposto a spendere qualcosa per leggersi una analisi o una retrospettiva? Oppure sono i prodotti del passato a prestarsi maggiormente ad analisi e retrospettive?
Il pubblico giovane è troppo viziato dal web gratuito? Chissà.
Fatemi sapere cosa ne pensate, e se pensate che inserire anche articoli su titoli più attuali (ovviamente analitici, non qualcosa che trovi su Wikipedia) può interessare.
Magari il già annunciato magazine «Paku», che dovrebbe arrivare a breve, colmerà questa lacuna.





Insomma, «Japan Magazine» torna in edicola e per un po' sarà come rivivere quei giorni degli anni Novanta.
L'entusiasmo registrato nelle prime ore dalla notizia è tanto, e come prevedibile ci sono anche gli scettici o critici a prescindere: ma ci sta, è sacrosanto avere dubbi ed esporli.
A volte fa anche sorridere notare l'esistenza di una tifoseria contraria, ma questo è un altro discorso (che inizia anche a far sorridere).
Noi speriamo solo di divertirci insieme, e speriamo di poter davvero rivivere quello spirito particolare che ha caratterizzato «JM».

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