Utenti di terra, di mare e di aria.
Fieri uomini e donne d'Italia, di questo diario virtuale chiamato altresì Moz In Punto, sono lieto di annunciare che il Duce, nella persona di Benito Amilcare Andrea Mussolini, è tornato tra noi.
E non più sottoforma di vignette che mai suscitarono risate (fatte salve le pagine con la parodia de I Dominatori dell'Universo); bensì risorto in carne ed ossa, prominente presenza e filtro da schermo con gli italici connotati di un aitante giovine del cinematografo.
Sono Tornato, opera di Luca Miniero dell'anno di grazia MMXVIII.
Segue una recensione assolutamente priva di anticipazioni poco gradite.
Rifacimento del teutonico Lui è tornato (Repubblica Democratica Tedesca, MMXV), che pur vedeva la riapparizione fantasmagorica d'un altro noto dittatore europeo, qui -dove vige il Tricolore- è Mussolini a prendere il posto di Adolfo Hitler.
E come fu per il Kaiser, il nostro semper amato Dux travalica il confine tra questo mondo e quell'altro, giungendo a noi nell'Urbe contemporanea, travolto dall'imbarbarimento di costumi e mischiume di razze.
Pederasti uniti in matrimonio, abissini a libero spasso in città, invasioni di infedeli e la lingua della Perfida Albione che risuona ovunque, peraltro inutilmente.
Spaesato e confuso, al Duce basta poco per comprendere di essere risorto più in là del suo tempo.
Trovando l'amata Italia, da lui governata per venti anni, in mano a politicanti incapaci e vissuta da un popolo di pecore.
Un giovane documentarista campano (Francesco Matano) incappa nel Duce credendolo un comico.
Le scenette da avanspettacolo si diffondono presto nell'etere; Mussolini torna famoso e la televisione ne fa un personaggio che sa parlare al cuore e al ventre del popolo.
Ma gli italiani non sono cambiati e mai cambieranno: e se una volta se ne sbarazzarono a favore di una Liberazione al gusto di Big Mac, stavolta possono far peggio indignandosi per un animale morto.
È l'epoca dei media sociali, dei cancelletti che formano parole-chiave.
Sono Tornatoè una pellicola non comica ma amara, che non parla di fascismo e nemmeno di politica, non parla di Mussolini.
Parla del potere dell'informazione, delle televisioni, dei canali sociali. Prova a raccontare cos'è e come cambia la satira, quando si riesce a scherzare su tutto.
E, paradossalmente, Sono Tornato funziona in questo e non nelle scene preposte al divertimento del pubblico: quelle, per così dire, di comicità.
Ne usciamo neri. Non nel senso fascista né africano (serebbe "negri", dopotutto).
Ne usciamo neri e senza memoria, malati di Alzheimer per la Storia.
Dimentichiamo oggi che Di Maio e Salvini dichiararono ieri di non aver nulla da spartire, salvo credere che la loro non sia un'alleanza bensì un "contratto". Perché dunque ricordarsi di guerre, di delitti, di pagine buie e sanguinose? Tutti dimentichiamo, soppesando promesse più grandi sulla bilancia dei lustrini. Magari proprio aprendo buste alla C'è posta per te, enunciando frasi non italiane.
E l'Italia è così: ingovernabile. Nemmeno Mussolini può riuscirvi.
La satira potrà salvarci, e forse non ci rimane che quella.
Massimo Popolizio perfetto Duce; Stefania Rocca e Gioele Dix perfetti squali dell'intrattenimento.
E tutti gli altri attori siamo noi italiani.
Sono Tornato, chissà se per restare.
E poi fa sempre piacere poi quando un'opera cita il posto in cui vivi: Mussolini, parlando dei cinesi, afferma di averli fatti internare in un posto sul Gran Sasso.
Ebbene, è proprio qui dove abito io.
Motivo per cui oggi ho amici di razza gialla, come avrete visto dalle foto della rubrica Mikipedia.
Solo grazie al Duce, Benito Amilcare Andrea Mussolini.