Mi occupo del più chiacchierato servizio del programmaLe Iene perché la questione di fondo è interessante sia per me sia per tanti di voi lettori, che magari avete un blog o un progetto social.
Questa sera andrà in onda uno speciale sulla vicenda, dopo l'originale primo servizio de Le Iene trasmesso lo scorso giugno.
Instagram, principalmente. Ma social, apparenze, progetti, costruzione di fenomeni e personaggi: ciò che i telespettatori hanno visto mette in luce definitivamente croci e delizie della comunicazione online.
E Mirko Scarcella, passato improvvisamente come capro espiatorio, è in realtà una figura molto utile per comprendere certe dinamiche social e sociali.
Vediamo insieme il motivo.
Il servizio era a cura della iena Gaston Zama.
Ci ha mostrato un mondo fatto di apparenze, inganni che diventano quasi truffe, bella vita e finzioni.
Potete rivedere tutto sul sito de Le Iene, cliccando QUI.
In breve: il guru di Instagram Mirko Scarcella, bella vita in America, soldi a palate e lusso, è colui che avrebbe creato il mito Gianluca Vacchi; è colui che ha scritto due libri (uno con prefazione di Vittorio Feltri); è colui che è stato ospitato nei più noti salotti TV; è colui che -se hai tanto denaro da spendere- può migliorare notevolmente il tuo profilo social.
Gaston Zama si è infiltrato nella sua vita, gli è diventato amico, e in due anni ha raccolto molto materiale per mostrarci, nel giugno 2020, che non è tutto oro quel che luccica.
Mirko Scarcella in realtà non farebbe altro che acquistare pacchetti di followers o like da lontane nazioni, una pratica che sostanzialmente si traduce con: sei seguito sì da migliaia di account in più, ma è gente che non sa chi sei, non ti segue realmente perché interessata a te, non conosce il tuo progetto né parla la tua lingua.
Insomma: account casuali (o finanche fake) per fare numero.
E diciamo la verità: non serve affidarsi a un guru del marketing online per fare ciò (si diceva che pure la Ferragni avesse un seguito fatto da migliaia di account di questo tipo, almeno all'inizio: glielo chiese Striscia e lei si trincerò dietro un comunicato del suo ufficio stampa dove si preferiva tacere della cosa).
Non serve chiamare Mirko Scarcella, che si fa pagare caro, per un trucchetto che possono far tutti relativamente a pochi euro.
Le accuse mosse a Scarcella dalla iena sono diverse: aver mentito sul possedere un ufficio e delle segretarie; aver mentito ai clienti inventando nomi di vip con cui avrebbe lavorato; aver agito in modo poco chiaro coi suoi clienti riguardo i pacchetti che andava ad acquistare per i loro profili.
La replica del diretto interessato, di fatto passato come un truffatore, non è tardata ad arrivare: dopo un periodo in cui ha ricevuto solo insulti e parole d'odio, Mirko Scarcella ha replicato via Instagram per filo e per segno (o quasi) a tutte le accuse de Le Iene.
Trovate la sua risposta completa a questo indirizzo (click), che aggiungo per completezza invitando tutti a farsi una propria idea, e sostanzialmente possiamo capire che:
-l'ufficio era davvero suo ma nel momento in cui Le Iene hanno chiamato, la sede era stata lasciata;
-le parole che Mirko ha detto alla cliente (complice del programma di Italia 1) erano sì bugie (l'aver lavorato con le Kardashian ecc...), ma sarebbero state gonfiate appositamente perché Mirko stesso sapeva di dover ricevere una telefonata e stare a uno scherzo, organizzato dalla trasmissione;
-i servizi pur costosi che lui ha garantito ai clienti sarebbero comunque stati efficaci;
-i clienti sapevano bene cosa Mirko Scarcella andava a fare; quali pratiche utilizzava e come si muoveva.
Mirko sembra aver glissato su alcune altre cose, come le mail e i messaggi di segretarie che l'accusa vuole inesistenti; lo sfruttare, per mera apparenza, voli di ritorno a basso prezzo su jet lussuosi al solo fine di mostrare una vita da Paperone; i nomi di personaggi famosi -citati anche dalla stampa nazionale- che avrebbero richiesto le sue prestazioni.
Non entriamo nel merito dei due clienti delusi, l'avvocato Gianni Mendes e l'artista Simone D'Auria, sui quali lo stesso Scarcella rivela dei dettagli, tra contratti chiusi, pagamenti, politica estera (vi rimando al video).
Non ci interessa e se la vedranno tra loro.
Certo è che -e torniamo a ciò che ci preme davvero- Scarcella non è che comprasse solo pacchetti di followers indiani e pakistani: seguiva di fatto un progetto, trasformava una persona in personaggio (le idee dietro Gianni Mendes, dalle stories Instagram ai post, dal simbolo dell'ok alle trovate del suo video musicale, sembrano sue)... e se le sue tariffe sono sinceramente alte, il problema è solo di chi ha soldi da buttarci.
E quindi eccoci al punto: l'acquisto di follower è un sistema.
Non significa voler davvero solamente maggiore seguito, perché comunque "fasullo", ma serve per tutta una serie di parametri che aiutano un progetto a crescere.
Un profilo con più followers è più visibile; i suoi post sono "in cima", aumenta l'engagement generale, si possono pensare cose che altrimenti non puoi fare.
Avere più followers su Instagram, ad esempio, ti permette di avere il link diretto a pagine esterne (con un semplice tocco delle dita), cosa preclusa a chi ha pochi seguaci.
Avere più followers su YouTube, ad esempio, ti dà la possibilità di fare le live da dispositivo mobile.
Insomma, se paghi, migliori le tue condizioni e non è certo così diverso (sebbene appaia eticamente meno "bello") dallo sponsorizzare post, profili ed eventi regolarmente sulle stesse piattaforme.
Ma ecco: io, molti di noi, anche blogger, abbiamo un progetto.
Scriviamo per farci leggere.
E se quel che facciamo non ci bastasse più? Se comunque chi paga arriva sempre primo, mentre noi ci sbattiamo tanto?
Se volessimo qualche opzione in più per migliorare l'esperienza dei nostri affezionati?
Di certo non occorre spendere tutti quei soldi e arricchire i Mirko Scarcella di turno, essendo cose che possiamo fare da noi con molte meno spese; ma non tutti sanno come muoversi sul lato della comunicazione e come perfezionare il proprio progetto.
Per concludere, torniamo a Mirko, Mendes e compagnia.
Fingere un'esistenza fatta di auto rombanti, Rolex, spostamenti in jet (sempre lo stesso volo, ma portandosi abiti diversi per far credere di usarlo regolarmente), ostentazione, foto costruite, bed&breakfast lussuosi usati come fossero abitazioni private (ma solo per scattare qualche foto), fantomatici entourage e segretarie... ci lascia intendere che conta molto l'apparenza, la vuotezza spacciata per vita, l'arrivismo.
Parlando infinitamente più basso, non vi sentireste presi in giro se scopriste che le feste e le cene delle mie foto della rubrica Mikipedia provenissero sempre dallo stesso evento, dove io cambio abiti e inquadrature al solo fine di fingere una vita sociale attiva?
Comunque il problema non è tanto per chi si costruisce un personaggio così, ma per i molti secondo cui personaggi così sono da seguire (prendete Vacchi e i suoi balletti, o la signora del "non ce n'è còviddi"), da imitare, da venerare, rendendoli influencer.
Di qualcosa che non c'è.
In mancanza di cose concrete nelle proprie vite.
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