Dopo più di tre anni, e stuzzicato dal post di Claudia (QUI) che tanto scalpore ha suscitato, torno a parlare della lunghezza dei post sul blog.
Un argomento che avevo già più volte affrontato, qui e altrove, anche ad esempio in relazione al tempo attivo/passivo riguardo la fruizione di qualcosa.
La questione è semplice e concisa: post lunghi, sì o no?
Come vi approcciate (da blogger e da lettori) a un articolo eccessivamente corposo?
Ne approfitto per chiarire la mia attuale visione di progetto personale e blogosfera, e spiegarvi il perché di quella frase che da un po' di tempo leggete nel modulo per commentare...
PRESUPPOSTI
Partiamo dal sacrosanto diritto di gestire un blog come meglio ci pare.
In bene, in male, è roba nostra e lo sappiamo noi.
E sappiamo bene a cosa si va incontro: sappiamo che gestire il blog in un modo rispetto ad un qualsiasi altro comporterà una crescita o non crescita, un restare per pochi o piacere a molti, ricevere commenti o non ricerverne.
Questo dipende da noi; e se non otteniamo quel che vogliamo, dobbiamo analizzare il nostro stesso progetto, il nostro modo di scrivere e approcciarsi agli argomenti, la nostra presenza in rete.
Altro presupposto: ogni post è un mondo a sé.
A volte bastano pochissime parole, altre volte bisogna essere enciclopedici.
Io come la vedo? Mi autocito, da un articolo del 2017:
I miei post sono lunghi quanto è giusto che siano lunghi.
Se ho bisogno di dire una cosa che sta tutta in dieci righe, non ne uso di più.
Se devo scrivere post più complessi, li sviluppo quanto occorre.
Sto comunque bene attento a non essere troppo -inutilmente, magari- prolisso, per una questione di impaginazione e di leggibilità per i lettori, che comunque non voglio "stancare" (non nascondiamoci: a nessuno di noi piace leggere cose pesanti!).
DISTINZIONI
Riesco a distinguere la tipologie dei miei articoli, e magari creare un "palinsesto" (nel calendario editoriale) che possa tener conto anche dell'alternanza delle stesse, o anche dell'affinità "verticale" e "orizzontale" degli argomenti.So quindi che posso scrivere post più generici, post di nicchia e addirittura -come la chiamo io- post di "nicchia della nicchia" (quelli più specifici).
A seconda di cosa ho da dire, la lunghezza verrà fuori in modo naturale.
So bene che un post molto tecnico su un argomento piacerà a un pubblico particolare, così come so bene che per lo stesso motivo un post così attirerà molti meno lettori generici
Ma questa consapevolezza mi aiuta anche a calibrare gli articoli per coprire e accontentare un pubblico eterogeneo.
TECNICAMENTE
La SEO, si sa, premia gli articoli lunghi.Google ti piazza bene (per farla facile, sia chiaro) se scrivi un "pillar article", un post lungo e corposo.
Io credo che il blogging, così come il web tutto, sia in continua trasformazione.
Per me sarebbe assurdo pensare di scrivere, oggi, articoli come facevo nel 2006, 2008, 2014.
E non c'è uno studio, dietro: è una cosa naturale.
La vivi, vivendo il web.
Oggi si ha bisogno di velocità, c'è esigenza di semplicità "ficcante" ma non per questo povera.
Vale anche nel giornalismo classico.
COME LEGGIAMO
Non leggiamo nemmeno più in stile scuola elementare: non ce ne accorgiamo, ma in realtà noi scansioniamo con lo sguardo l'intero capoverso.Leggiamo velocemente, captiamo tutte le parole in un insieme a cui il cervello dà una sequenza giusta.
Chi scrive, invece, risponde innanzitutto a delle domande.
IL NOSTRO PUBBLICO? NON SONO GLI ALTRI BLOGGER!
Come fa la gente ad arrivare sui nostri blog?Esistono due modi: il primo è quello dello scambio tra blogger, una pratica antica di quando il blogging era una sorta di diario.
Il secondo è il motore di ricerca.
Le persone cercano qualcosa e trovano noi, e noi dobbiamo rispondere alla loro domanda.
E si sa che il lettore resta poco, sui nostri articoli.
Spesso legge dal telefono, fregandose degli orpelli anche linguistici (sempre più inutili: appesantiscono): ecco perché bisogna ragionare col modello della piramide.
Ossia, dare subito le informazioni principali, e poi -scendendo- svilupparle per chi eventualmente vuol leggerle.
Ma il lettore deve trovare subito quel che cerca. La regola è questa.
Ovvio che nessuno deve sentirsi obbligato a rispettarla.
Ma non ci si può lamentare, poi, se non si ottengono eventuali riscontri.
In ogni caso, penso sempre più che il nostro pubblico non siano gli altri blogger.
Il nostro pubblico sono persone interessate a ciò che proponiamo, e se lavoriamo bene, restano e interagiscono.
Se poi sono blogger anche loro, è un'altra questione.
I COMMENTI
Proprio perché non dovrebbe più esistere l'equazione "se commento, mi aspetto un commento indietro", ormai legata ad altri tempi bloggheristici, ho inserito questo disclaimer:
ricevere commenti fa sempre piacere, a patto che siano commenti pertinenti o che arricchiscano la discussione.Perché spesso è imbarazzante ricevere interventi che non c'entrano niente.
Ricorda: non è obbligatorio commentare se non si ha niente da aggiungere o se non si è nemmeno letto l'articolo! Grazie :)
Molto "cringe", quell'imbarazzo che si prova proprio per chi scrive il commento, immaginando che verrà anche letto da altri.
CONCLUSIONI
Un post lungo è complicato da leggere, perché il tempo è sempre meno.
Io stesso ragiono immaginando che i miei lettori debbano leggere anche altri spazi web, durante il giorno, e asciugo il più possibile ogni mio articolo nel rispetto di tutti.
Inoltre, è chiaro che un post "complicato" spesso ha necessità di essere lungo, ma possono capitare anche post che si perdono in lungaggini evitabilissime. In ogni caso servirà del tempo, per poterli leggere.
Tempo che non sempre si ha.
Quanto ai commenti, sono io stesso a chiedervi di non commentare se non si ha qualcosa da dire: interventi fuori luogo o inutilmente sterili sviliscono solamente il lavoro che il blogger ha fatto.
E non solo: fidatevi, rendono pubblicamente sciocco chi li scrive.
Che ne pensate?
Per quale tipo di pubblico pensate si debba scrivere?
Amate i post molto lunghi?
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