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[SERIE TV] L'Ispettore Coliandro: analisi di un fenomeno

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Di Coliandro o si parla troppo poco o è già stato detto tutto.
Una serie cult, capace di imprimersi nell'immaginario dello spettatore televisivo e di farsi nome, modello, tormentone.
Ogni volta che torna su Raidue (e torna anche dopo che la si dà per spacciata per motivi aziendali) è un successo: capace di fare anche più dell'ammiraglia Mediaset come share e come numero di telespettatori, L'Ispettore Coliandroè ormai un totem della nostra TV, che ha attraversato già più fasi della stessa...


Tutto nasce nel 2003 anche se noi lo scopriamo solo tre anni dopo.
L'Ispettore Coliandro (che viene dalla penna di Lucarelli e prima di sbarcare in televisione si fece fumetto: erano gli anni '90, come visto QUI), arriva a sorpresa nell'estate Rai del 2006.
Un prodotto troppo ardito per i tempi, destinato all'eterno cassetto se non fosse che qualcuno pensò di usarlo come tappabuchi estivo, tanto chi se lo guarda.
E invece, minchia.



Pur con tre anni sul groppone, esordiente già vecchio, Coliandro conquista la platea che ancora mantiene e che se lo tiene ben stretto.
Un pubblico di nicchia ma numeroso, che apprezzò il film TV Il giorno del lupo e i restanti tre episodi che convenzionalmente costituiscono la prima stagione.
Lucarelli figurava come penna, assieme ad altri sceneggiatori, mentre la regia fu affidata ai Manetti Bros., adattissimi a portare in scena una serie del genere.
Esordiente già vecchio, vero, ma sempre attuale: Coliandro ha il pregio di non invecchiare.




Un successo a sorpresa che spinge la Rai a mettere in cantiere altri episodi.
Siamo nel 2009 e 2010, quando arrivano le stagioni dalla 2 alla 4.
E quindi un bel po' di anni di silenzio, con la produzione cancellata.
I fan (tra cui anche tanti veri poliziotti) protestano. Si pensa a un film per il cinema, scritto a partire dalle idee degli appassionati.
Ma alla fine la Rai cede: dal 2016 a oggi, quasi ogni anno, arrivano ancora nuove stagioni e tanti nuovi episodi.
Il cast resta pressoché invariato (qualche aggiunta e un saluto), il tenore delle storie è sempre quello.
Il pregio di Coliandroè proprio questo.



Lo schema de L'Ispettore Coliandro prevede episodi chiusi, una linea narrativa strettamente verticale che quasi non contempla la continuity: di struttura orizzontale c'è poco, al massimo qualche personaggio che ritorna un paio di volte in scena, e pochissimo altro.
Ogni puntata è a sé, come un gioco: inizio, svolgimento e fine.
E con la prossima, si riparte da zero.
Anche la messa in scena è (deliziosamente) uguale a se stessa, ricordando quasi una certa serialità televisiva vintage o il fumetto popolare italiano: in ogni episodio, Coliandro avrà sicuramente a che fare con una donna (come una Bond girl, una retrocopertina di Diabolik o un'amante di Dylan Dog); sarà sicuramente impegnato in un caso criminale di enorme portata (come Nico Giraldi) e si barcamenerà per risolverlo senza capirci molto.



Giampaolo Morelli ormai impossibile da scoliandrizzare: alla sola vista dell'attore, l'accostamento vien da sé. E a lui non dispiace, e si vede.
Si diverte da morire nell'impersonare questo scellerato poliziotto semiserio.
Coliandro (così, solo per cognome) è l'ispettore di Bologna che combina più casini che altro, ma che alla fine riesce anche a risolvicchiare senza capire come i casi più intricati nei quali si ficca suo malgrado.
E si tratta sempre di robe pazzesche: mafia, contrabbando, spionaggio e tutto il campionario che una qualsiasi altra serie poliziesca diluirebbe in una intera stagione, mentre qui si presenta prorompente nell'arco della durata del singolo episodio.




Coliandro è un imbecille, uno sfigato. Un semplice.
Ma non per forza stupido. Sicuramente non un eroe.
È umano, ma dell'uomo ha quasi solo i tratti meno nobili: superficialità, il non capirci un cazzo, ignoranza che sfocia senza colpa nel razzismo e nel sessismo.
L'Ispettore Coliandro fa ridere, perché ridiamo di noi stessi; ridiamo di quanto -a volte- siamo cretini nella nostra quotidianità.



Non che gli altri personaggi siano "meglio": tutti ben delineati, formano un cast affiatato che vede ai piani superiori il Vice Questore De Zan (Alessandro Rossi), la bella e fanatica procuratrice Longhi (Veronika Logan), e poi tutta la Mobile bolognese: il nerd Gargiulo (Giuseppe Soleri), il barese Gamberini (un ottimo Paolo Sassanelli), la mascolina Bertaccini (Caterina Silva), la pacata Buffarini (Benedetta Cimatti).
Con altre presenze fisse, questi personaggi mettono in scena la commedia drammatica della settimana, tra inseguimenti, appostamenti, vita d'ufficio e un'azione che omaggia generi e sottogeneri.



L'Ispettore Coliandro, infatti, è un'opera che -specialmente i Manetti- hanno creato per fare in modo di guardare con rispetto e citazionismo ad altri modelli.
Il poliziesco è certamente la base principale, da cui però partono tutte le diramazioni che dal poliziottesco italiano finiscono nel cinema calibro 9 americano, da Callaghan in poi.
C'è spazio per ogni suggestione, per ogni atmosfera.
I fan telecinematografici si divertiranno a riconoscere ogni citazione possibile.
Come se non bastasse, ogni puntata è impreziosita da guest-stars d'eccezione (su tutti: Nicole Grimaudo, Stefano Pesce, Cecilia Dazzi, Serena Rossi, Claudia Gerini, Bruno Armando, Giancarlo Magalli, Max Mazzotta, Francesco Pannofino, Giammarco Tognazzi, Sabrina Impacciatore...) e con tutto questo, la formula de L'Ispettore Coliandro è quasi completa: un'opera codificata, precisa, che non somiglia a nient'altro.




L'ingrediente finale è dato dalle musiche: a firma del duo Pivio & Aldo De Scalzi, trascinano con un groove metropolitano dalle atmosfere anni '70, ma sanno anche cambiare in base alle scene e al mood dell'episodio.
La sigla, ormai iconica, è un rifacimento di un brano di  Bobby Womack, che fa da opening al tarantiniano Jackie Brown.




Dunque: politicamente scorretto, scurrile, imbranato, a tratti deficiente.
Eppure Coliandro piace tanto, perché vince perdendo (e perde vincendo); come un Paperino che sogna in grande ma si ritrova piccolo.
Il braccio maldestro della Legge.
Ma ogni tanto ottiene qualcosa, magari un encomio o il fugace amore di una donna, tra la solitudine di una pizza surgelata e una città dove il crimine impazza più che nelle serie americane.
Coliandro piace perché ci riflette.

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