Una delle ultime opere del compianto maestro Fernando Di Leo, regista verso sui s'è scappellato anche Tarantino, Avere vent'anni è sicuramente uno dei film più censurati della storia del nostro paesello.
Di Leo, di cui ritengo inutile elencarne i capolavori, firmò questa rara e grezza perla che dentro "ha tutto ma non somiglia a niente": v'era la commedia sexy (a partire dalle due splendide protagoniste), v'erano accenni al poliziottesco con tanto di commissario manesco, v'erano quei sentori sociali del cinema vagamente impegnato.
Ma Avere vent'anniè soprattutto un film ludico, oltre a essere un film che sbatte in faccia allo spettatore una storia che sa far ridere ma sa essere anche violenta oltre ogni eccesso (almeno per l'epoca).
La doppia strada -commedia e tragedia- è percorsa dalle pulsioni eros e thanatos apparecchiate sulle due protagoniste, Lia e Tina.
Di Leo inconsapevolmente decostruisce, distruggendole, due icone del cinema sexy italiano: Gloria Guida e Lilli Carati.
E vi affianca tanti di quei noti protagonisti a fare da spalla (se vogliamo comica) che tra un ditalino, un culo in bella vista, una lesbicata coi fiocchi e accenni di seghe a cazzi sotto lsd, quasi si pensa sia impossibile giungere a un finale che fece scalpore.
LA STORIA, LE PROTAGONISTE
Lia e Tina sono due ventenni: giovani, belle e incazzate.Emancipate, femministe, contestatrici, sono comunque molto diverse tra loro.
Se Lia mantiene un carattere comunque "femminile" ma soprattutto posato, Tina risulta sfacciata e volgare.
Lia (che si intuisce essere bisessuale) ha una sua morale rigida: rifiuta le avances di una ricca pariolina (la futura mandrilla di Porto Recanati a.k.a. Licinia Lentini) perché costei ha "osato" offrirle danaro, seppur indirettamente.
Tina non si fa scrupoli a sedurre e provocare ogni uomo che incontra, per poi lasciarlo miseramente al palo con la propria coglionaggine: tutti tranne uno, il bel Rico/Ray Lovelock (che vive in Piazza Dante al ventuno, come recita la sua t-shirt -casomai venisse raccolto in qualche angolo dopo uno dei suoi "viaggi"-).
Lia ha una certa propensione alla maternità, e prova empatico interesse verso il parto trigemellare di una svampita ragazza madre; Tina è interessata solo a scopare: scopare scopare scopare, il suo mantra è questo e ne ha fatto una religione.
Le due ragazze, durante i loro vagabondaggi estivi dell'estate italiana 1978, raggiungono Michele "il Nazariota" Palumbo (un immenso Vittorio Caprioli), traffichino partenopeo che si è reinventato gestore di una comune romana dopo qualche truffa andata male.
Lia e Tina, senza una lira, sperimentano quindi la vita della comune: forse non così "ideale" come supponevano, avranno comunque modo di interfacciarsi con gli altri ospiti dello stabile.
Tra cui lo sconclusionato Riccetto (il mitico Vincenzo Crocitti) e il pierrot spiritual-pacifista Argiumas (il grande Leopoldo Mastelloni).
E dopo aver constatato che i maschi preferiscono la droga al sesso, e dopo aver rifiutato di pagare la retta scopando con due coglioncelli che Flash Gordon gli fa una sega (intuendo che per molti ragazzi il piacere femminile conta poco...), si danno alle vendite porta a porta.
Ma una comune può essere anche zona di pericolosi sovversivi politici (sappiamo in che anni ci troviamo...) e dunque il commissatio Zamboni (un Giorgio Bracardi adorabilmente sopra le righe) interviene e chiude baracca.
Da qui, Lia e Tina vengono rimandate nel Meridione ma proprio da una tavolata di meridionali riceveranno l'amara la sorpresa.
COMMENTO
Avere vent'anniè una storia di femminismo e femminicidio ante-litteram.Non ha la pretesa di analizzare sociologicamente il fenomeno, ma ha l'intuizione di raccontare due percorsi che si intrecciano (quelli della più posata Lia e della dominatrice Tina) con tutto ciò che seminano -forse scelleratamente e ingenuamente- e ciò che infine, terribilmente, raccolgono.
C'è chi ci ha letto una velata condanna verso certi atteggiamenti aprioristicamente "contro", c'è chi ci ha visto la storia di una società che, gira e volta, è sempre votata al maschilismo.
Quale che sia la verità (magari entrambe le visioni!), Avere vent'anniè un gioiello del nostro cinema segreto, un'opera che possiamo goderci solo da pochi anni dopo che fu sequestrata e tagliata appena uscita nelle sale.
Con il sottofondo di una canzone interpretata dalla stessa Guida, Tia e Lina iniziano il loro viaggio contestando tutto e tutti, a partire da due lesbiche che si erano offerte di dar loro un passaggio.
Uno scontro di ideali più che di idee, muri sociali forse scioccamente innalzati: dopotutto a venti anni si è ancora bambini.
Avere vent'anni, dopo i tagli e l'insuccesso del 1978/79, venne rimontato completamente: nuovo doppiaggio e scene in ordine nuovo diedere tutt'altro senso al film, che perse completamente il suo valore. Erano gli anni '80.
Poi, nel 2004, il recupero del film originale per l'home video.
Di Leo avrebbe voluto realizzarne un prequel, stavolta ambientato negli anni '40, per raccontarci la storia femminile e femminista di due nuove protagoniste (sempre Gloria Guida e Lilli Carati). Non se ne fece niente.
Le nostre Thelma & Louise finiscono qui, in 94 minuti sinceri e brutali.
Non c'è più un solo rigo nel copione della vita, ma pagine bianche che il caso imbratterà: com'è triste aver vent'anni.
La frase iniziale, che appare come citazione durante i titoli di testa, è tratta da un'opera di Paul-Yves Nizan: qualche anno fa fu la traccia del tema di Italiano dell'Esame di Stato.