007, questo 007 con l'azzeccato e ormai iconico volto di Daniel Craig, è finito.
La lunga saga che da Casino Royale ci ha traghettati verso Quantum of Solace, Skyfall e Spectre, ha termine (contrattuale, tecnico e narrativo) con No time to die.
Un titolo (non è ora di morire) che rende immortale il reboot dell'agente segreto al servizio di Sua Maestà la Regina.
Una delle saghe più riuscite, una parabola completa che in questo ultimo capitolo trova compimento definitivo.
E ci costringe all'analisi dell'eroe di questo tempo, che non è tempo per morire.
Attenzione: questo articolo contiene spoiler sul finale di No time to die!
La saga della Metro-Goldwyn-Mayer (e Sony e EON) chiude ufficialmente mettendo in scena l'ultimo atto delle avventure action-spionistiche dell'agente segreto inglese più famoso tra romanzi e film.
Lo 007 di Craig è figlio dei suoi tempi; appena prima di lui, uscito nel 2002, ci fu l'ultimo capitolo (dei quattro) interpretato da Pierce Brosnan: si chiamava Die another day.
Muori un altro giorno, come cantava Madonna.
La morte può attendere.
E ha letteralmente atteso altri cinque film.
Lo 007 di Craig è figlio del post-11/09.
È un eroe di quel mondo (ne abbiamo parlato QUI), come il Batman di Nolan. Il mondo che abbiamo avuto fino al nuovo successivo snodo: la pandemia.
La stessa che ha rallentato proprio la corsa produttiva di questo No time to die.
Vi ricordo che questo articolo contiene spoiler sul finale del film.
No time to die sembra voler giocare su tante cose.
La trama in sé regge, a modo suo epica e sicuramente divertente, mette in piazza (con la riuscita e solida regia di Cary Fukunaga) l'ultima avventura di Bond, con tutti gli amati cliché (il Martini, i gadget, l'Aston Martin super-attrezzata...), location fantastiche (c'è anche la nostra Matera, pittoresca e senza tempo -almeno per gli stranieri-) e bellissime donne.
Ma gioca anche molto sul concetto di morte, di tempo e di... politicamente corretto.
Sì, perché se si parla del successore di Indiana Jones che sarà una signora Jones (e le quote rosa sono coperte in tutto con un nuovo probabile protagonista...), qui addirittura il nuovo 007 (che è sì solo una sigla, ma è anche James Bond) non solo è donna, ma pure africana.
Sembra che abbiano voluto sbattere in faccia a tutti un centrifugato di questi anni, arrivando a raccontarci la probabile deriva futura.
Ma è anche tutto alla fine.
La fine emozionante di un'era.
Ormai lo avrete saputo, o forse capito (e comunque ripeto: seguono spoiler) James Bond alla fine muore.
Non per finta, come successo altre volte; muore davvero, arresosi romanticamente al sacrificio d'amore in quanto gli viene negato l'amore stesso.
Muore così, eroicamente, portandosi dietro tutta la saga e tutto il mondo che si è chiuso con la pandemia.
Non possiamo non notare peraltro che i piani del nemico di turno (il Freddie Mercury cinematografico, Rami Malek) abbiano a che fare con veleni e contagi.
Piuttosto che vivere un eterno distanziamento sociale dalle bond girls della sua vita (compagna e figlia), il prode James salva il mondo dallo sterminio e si lascia esplodere.
Il crepuscolo (romantico) di un eroe che era sempre stato invincibile.
È questa la nuova tipologia di superuomini: non più sempre vincenti, ma tormentati e anche sfortunati, forse oscuri.
Ma No time to die ha il pregio di portarsi con sé, nell'esplosione suicida finale, anche tutto questo particolare mood di cui spesso abbiamo discusso qui sul blog.
Perché ora ci saranno altri 007 (James Bond, of course).
E non potranno morire.
Freschi come una rosa anche dopo mille risse ed esplosioni, conserveranno il loro umorismo inglese sorseggiando un drink seducendo la bella di turno.
È il nuovo mondo che ci aspetta. Dopotutto, noi abbiamo tutto il tempo del mondo.
Non è un caso che il film termini proprio così.
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